Dopo la firma dell’accordo di Grosseto da parte di Cgil e Cisl, un’intesa che legittima e normalizza la precarietà nei punti vendita di Unicoop Tirreno, arriva l’ennesima conferma di un gioco che ormai non inganna più nessuno: l’azienda ha infatti deciso di rimandare tutti gli incontri programmati sullo stesso tema nelle altre province, nel tentativo evidente di togliere la Cgil dall’angolo in cui si è cacciata firmando un pessimo accordo alla vigilia del referendum contro la precarietà.
Unicoop Tirreno si mostra più che datore di lavoro, aiutando un sindacato in crisi di credibilità a evitare il confronto con i lavoratori e a posticipare decisioni che sanno di imbarazzo e tradimento. È chiaro che si voglia guadagnare tempo e arrivare oltre la data del referendum, nella speranza che cali il polverone e si dimentichi che la Cgil, mentre a livello nazionale tuona contro la precarietà, nei territori la firma e la difende.
Ma questi giochi non funzionano più. I lavoratori hanno capito che la Cgil non rappresenta più chi lavora. I dipendenti vedono cosa accade ogni giorno nei negozi: somministrazione come prassi ordinaria, part-time costretti a fare straordinari ma orari che non si consolidano mai, assunzioni solo negli uffici mentre nei negozi mancano le persone.
Cobas Commercio denuncia con forza questa vergogna. In un momento delicatissimo, in cui migliaia di lavoratori e lavoratrici attendono risposte chiare sul loro futuro con l’imminente fusione tra Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia, non si può tollerare che sindacati e azienda si coprano a vicenda. È il lavoro stesso ad essere messo in discussione, nella sua dignità e stabilità.
Noi non ci giriamo dall’altra parte. Cobas continuerà a parlare in ogni luogo di lavoro, con tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, senza cedere a compromessi, senza fare accordi sulla pelle di chi vive ogni giorno l’insicurezza. La precarietà non si firma, si combatte.

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