Salgono a 91 i lavoratori uccisi lo scorso anno nel nostro settore, a cui vanno aggiunti tutti coloro che rimangono nel sommerso
 

Lo scorso anno in Italia, ogni giorno tre lavoratori usciti di casa non vi hanno fatto ritorno, uccisi sul posto di lavoro o nel tentativo di raggiungerlo . Lo scorso anno, in un trend negativo che non si ferma, sono morti 1041 lavoratori, circa l’11% in più rispetto al 2021.
Le cause delle morti, al livello pratico, variano in base al tipo di infortunio che accada all’interno del luogo di lavoro o nel tentativo di raggiungerlo (in itinere).


Nel 2023, gli infortuni mortali in occasione di lavoro sono stati 672, con un aumento del 2% rispetto al 2021, quando erano stati 659. Tra le cause principali, ci sono le cadute dall’alto (23,7%), gli schiacciamenti (18,9%), gli investimenti (12,2%), gli scontri (10,7%), le folgorazioni (6,4%), le ustioni (3,9%), le intossicazioni (3,3%), le esplosioni (2,8%), le ferite da arma da fuoco (1,6%).
Nel 2023, gli infortuni mortali in itinere sono stati 369, tra le cause principali, ci sono gli incidenti stradali (91,3%), le cadute (3,5%), le malattie cardiovascolari (1,6%), le malattie infettive (1,4%).
Il commercio, con 91 morti, pari all’8,7% del totale risulta il 5 settore più a rischio dopo edilizia, agricoltura, logistica e industria. Si tratta di un settore in cui si lavora a contatto con il pubblico, con una forte esposizione a rischi di aggressione, rapina e contagio. Le cause più frequenti sono state le ferite da arma da fuoco, le aggressioni e le malattie infettive.

Sappiamo bene però che al di là delle motivazioni concrete per cui si muore, quello che ci uccide ogni giorno sono le condizioni di sfruttamento e poca informazione a cui siamo sottoposti. La maggior parte dei lavoratori non riceve formazione specifica sui rischi della mansione che svolge, tanto che veniamo assunti come addetti vendita per poi essere impiegati in lavorazione specifiche con l’utilizzo di lame e affettatrici. I dispositivi di protezione, quando ci sono, non sono ergonomici né individuali, costringendo i lavoratori ad indossarli a rotazione o a rinunciarci.

I turni spezzati, che ci costringono a vivere fuori casa 12 ore al giorno con contratti da sei ore, portano a stanchezza e difficoltà di mantenere la concetrazione sulla pericolosità di ciò che stiamo facendo.

In aggiunta, negli ultimi anni, con lo scopo di risparmiare sempre più sono state tolte le figure delle guardie giurate agli ingressi, premendo i lavoratori affinché intervengano in caso di furti. Cassieri e commessi così hanno subito aggressioni e violenze, non essendo né formati né tenuti a intervenire come se fossero forze dell’ordine.

Il profitto in più che ogni anno permettiamo di fare ai centri commerciali deve essere redistribuito ai lavoratori in termini di riduzione dell’orario senza toccare lo stipendio e formazione sulla sicurezza. Non vogliamo morire fra gli scaffali, la nostra vita viene prima di tutto.

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