Negli ultimi cinque anni gli infortuni nel settore, anche con esito gravissimo, sono aumentati del 28%
Il Commercio è un settore strategico per il mercato italiano, contando un milione di aziende (quasi il 22% del totale) e tre milioni e mezzo di lavoratori. Nonostante la sua centralità, ricordiamo come il 70% dei prodotti che compriamo passi dalla Grande Distribuzione, rimane uno dei settori più a rischio per i lavoratori.
Tra il 2020 e il 2024 le denunce di infortunio nel commercio sono costantemente aumentate, si è passati dai 36.241 casi del 2020 ai 46.232 del 2024, con un incremento del 28% nell’arco del quinquennio. Nel dettaglio, le denunce sono state 42.174 nel 2021, 45.449 nel 2022, 44.942 nel 2023 e 46.232 nel 2024.
Un negozio sembra un posto sicuro e accogliente, come fa a trasformarsi in uno strumento mortale per i lavoratori?
Dietro i sorrisi dei commessi, la musica e gli scaffali stracolmi si nascondono sfruttamento e precarietà.
Le aziende invece di assumere e stabilizzare il personale allungano i turni, imponendo continui straordinari, spesso non pagati. I lavoratori vengono adibiti a qualsiasi mansione sia necessaria in quel momento, si barcamenano fra lo scarico merci, la sistemazione degli scaffali, la gestione dei banchi e le casse. A questo si affiancano la pochissima formazione e la mancanza di dispositivi di sicurezza per strumenti da taglio, forni, muletti e ingressi in celle frigo.
La maggior parte degli infortuni accade proprio mentre si sta lavorando all’interno del proprio punto vendita (79.2%).
La mancanza del giusto riposo fra un turno e l’altro, gli orari spezzati e il lavoro domenicale e festivo fanno il resto. Il 28,2% dei lavoratori subisce un infortunio in itinere nel tentativo di raggiungere o lasciare il proprio luogo di lavoro. Le donne sono le più colpite (53%), anche per l’alta percentuale di lavoratrici nel settore, in particolar modo durante gli spostamenti, gli uomini invece subiscono più infortuni mentre stanno operando.
Il Commercio non fa sconti, se non si muore ci si ammala, spesso in modo invalidante.
Le denunce di malattie professionali sono in costante aumento, sopratutto a carico degli addetti alle vendite (un terzo del totale): nel 2024 sono state 5.986, in crescita del 24% rispetto al 2023 e più che raddoppiate rispetto alle 2.669 del 2020, anno fortemente condizionato dalla pandemia. Il settore rappresenta l’8,1% di tutte le malattie denunciate. Nel 2024 i lavoratori che hanno denunciato patologie lavoro-correlate sono stati 3.813, con una media di 1,6 casi a testa.
Non sono i lavoratori ad essere distratti, lamentosi o addirittura colpevoli sono le condizioni in cui veniamo costretti a ucciderci o a farci ammalare.
Pensiamo al Contratto Nazionale per cui dopo la terza volta che ci ammaliamo, i giorni non sono più retribuiti, malattie croniche (emicranie, endometriosi, diabete,…) richiedono cure e astensione periodica dal lavoro. Come può però un lavoratore con neanche 1500 euro al mese assentarsi se non viene pagato?
Siamo così costretti ad imbottirci di antinfiammatori e presentarci comunque, con tutte le ripercussioni sull’attenzione a possibili pericoli.
Lavoriamo in un ambito fondamentale, senza di noi non esiste il mercato e quindi il profitto, dobbiamo organizzarci uniti per costringere Istituzioni ed Enti preposti ad accendere i riflettori sul Commercio, aprendo un tavolo di confronto permanente che analizzi il settore e studi la composizione della forza lavoro per arrivare ad un accordo che tuteli stabilità, salario e sicurezza.
